22 giugno 2014

LE OFFICINE DEL TEMPO: ATTRAVERSARE L’ITALIA A PIEDI PER REALIZZARE UN PROGETTO A DIMENSIONE D’UOMO

logo passo unoA pensarci bene, il progresso dell'uomo non è fatto d’altro che da una serie di invenzioni per fargli risparmiare tempo. Ma di tutto questo tempo cosa ne facciamo?

Da questa domanda è partita l'idea che è alla base delle Officine del Tempo, un progetto sicuramente originale, direi quasi rivoluzionario perché pensato in un'epoca che ha fatto della frenesia la sua parola d'ordine.

E' proprio per questo che le officine del Tempo hanno scelto come “location” la città di Milano, simbolo dell'Italia che produce e che consuma, che non si ferma mai e, allo stesso tempo, quella più aperta al dialogo, all'internazionalizzazione, basti pensare all'Expo che vi si svolgerà tra poco meno di un anno.

Il progetto prevede l'acquisizione e la ristrutturazione di un'ex struttura industriale a Milano, da riconvertire e restituire alla comunità, attraverso la realizzazione di alloggi a basso costo per

famiglie e studenti, un teatro, aule e laboratori per arti e mestieri, botteghe artigianali, mense e bar, studi, uffici condivisi, una biblioteca e uno spazio dove poter fare musica.

Il tutto distribuito su tre blocchi, collegati tra loro da uno spazio aperto in cui ci saranno: parco giochi; orto urbano e giardino per la coltivazione e l'auto sostentamento della comunità; asilo, utilizzabile sia in estate sia in inverno; spazi da destinare a piazza di incontro della comunità.

Insomma, nelle intenzioni di chi lo ha immaginato è progettato, lo spazio multifunzionale in cui recuperare la dimensione del tempo e, con esso, la dimensione umana di ciascun individuo, proprio perché <<il baricentro delle attività umane è costituito dalla collaborazione tra persone e dal contributo che ogni individuo offre alla comunità, basandosi sulle proprie caratteristiche uniche ed irripetibili>>.

E dietro un progetto del genere non potevano esserci che menti sopraffine: Grandegiggi il visionario, Saso il filosofo, Federico il Fungo, Laura la scrivana entusiasta, Johnny Lu “Groove” l'improvvisatore.

In verità dietro nomignoli e definizioni, ci sono ragazzi seri e 'rucazionati chi hannu puru i scoli. E chi scoli!. Tra loro non potevano non esserci calabresi e indovinate un po' chi sono? Ma i riggitani purosangue (anche se nati, ma per caso, in terra longobarda), Giggi il visionario (alias Luigi Marino) e Saso il filosofo (alias Salvatore Annaloro)

Il progetto sarà attuato in due fasi. La prima, il Passouno, è la più ardita e rivoluzionaria: un viaggio da Milano a Catania fatto con un mezzo di locomozione innovativo, a peri! Sì, a peri, proprio per assaporare il piacere di riappropriarsi della dimensione del tempo: il tempo di camminare, il tempo per cambiare, il tempo per capire chi siamo e quale sia il nostro percorso.

Un percorso che si snoda per 1542 Km, in 40 giorni: partenza il 25 Giugno da Milano, arrivo il 4 Agosto a Catania, attraverso ventinove province di nove regioni italiche.

La troupe sarà composta da tre viandanti a piedi, un driver alla guida di un camper e una blogger on the road, che seguirà le tappe e aggiornerà il diario di bordo in tempo reale.

L'obiettivo dichiarato è fare conoscere il progetto, trovare sponsor e sostenitori e raccogliere fondi da singole contribuzioni. Ma non -come pensereste voi- per potersi comprare i cannoli e la cassata una volta arrivati a Catania, ma per finanziare il progetto che sarà, perciò un pezzo di città di proprietà collettiva!

Per vostra informazione, l'allegra combriccola delle Officine del tempo farà il suo passaggio da Scilla il prossimo 1 Agosto, proveniente da Bagnara Calabra e diretta a Reggio Calabria, ultima tappa “continentale” prima dello sbarco finale in terra sicula.

La seconda fase è quella della realizzazione vera e propria del progetto.

Che dire di più? Sicuramente è un progetto originale, nato, lo si può dire forte, con i piedi ben piantati a terra (e non solo metaforicamente). Sarà forse per questo che per lanciare l'idea, ha finito col lanciare se stesso....da un aereo!

Sembrerà contraddittorio, invece è perfettamente logico: è servito per sentirsi ancora più forte, una volta rimessi i piedi a terra.

Le Officine del Tempo rappresenta sicuramente una novità, un'originalissima anomalia nell'ormai monotono panorama tecnologico, un’invenzione che non serve a risparmiare tempo ma a ritrovarlo. E’ un tentativo di ritorno alla normalità, ambizioso ma sicuramente fattibile, che merita di essere seguito e sostenuto.

Cercheremo di farlo anche noi nei prossimi giorni, aggiornandovi sull'andamento del viaggio e dell'intero progetto.

A Saso, Gigi, Laura, Fede e Johnny va il nostro in bocca al lupo e l'arrivederci al 1 Agosto, nella tappa scigghitana. Buona strada, ragazzi!

 

IL PERCORSO DI PASSOUNO

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Per seguire e sostenere il progetto:

- Il Sito www.officineinformazione.it dove sono pubblicati i dettagli;

- Il Blog con gli aggiornamenti tappa dopo tappa: http://www.officineinformazione.it/category/blog/

- Come sostenere il progetto: http://www.officineinformazione.it/come-sostenere-il-progetto/

- La pagina facebook https://www.facebook.com/pages/Officine-del-tempo-informazione/832185786810214

- Il contatto email: officineinformazione@gmail.com

08 giugno 2014

FIGLI DI UNO SBARCO

 

Un anziano signore inglese di 89 anni è scappato dalla casa di riposo dove sta passando gli ultimi anni della sua vita. Aveva un appuntamento importante, molto speciale, a cui non poteva mancare: doveva andare a Ouistreham, Normandia, Francia, al centro di quei cento chilometri di costa tra Le Havre e Cherbourg, dove ci sono le spiagge Utah, Omaha, Gold, Juno e Sword. Lì, il 6 Giugno 1944 cambiarono le sorti della Seconda Guerra Mondiale e, con esse, la storia dell'Europa.

Da quel giorno –il D-Day, dall'”Operazione Nettuno”, nel giro di un anno o poco più gli Alleati ebbero la meglio sui tedeschi e sugli italiani. I primi perché non erano più in grado di sostenere gli attacchi su più fronti portati dalle truppe alleate; i secondi perché erano ormai con un esercito allo sbando e un popolo che -mandato finalmente a quel paese il fascismo- sentiva sempre più forti e vicini il profumo e il sapore di una libertà piena, loro negata nei vent'anni precedenti.

La libertà dell'Europa, la nostra libertà, comincia da quello sbarco. Quelle centinaia di migliaia di soldati -di molti dei quali ci sono rimasti solo interi campi di croci piantate in file ordinate, a loro perenne ricordo- con il loro sacrificio ci hanno consentito di arrivare alla pace e alla democrazia, un sogno divenuto realtà.

E’ stato uno sbarco accolto con entusiasmo e con la forza della disperazione. Settant'anni dopo, un continente libero ed economicamente solido (nonostante la crisi) assiste, questa volta in maniera passiva, inerme, allo sbarco della disperazione. Uno sbarco diametralmente opposto al primo, sia dal punto di vista geografico che delle motivazioni, che delle condizioni in cui avviene.

E' avvenuto a Nord quello sbarco che ha liberato l'Europa, mentre oggi lo sbarco avviene da Sud, sulle coste meridionali dell'Europa; se lo sbarco in Normandia è stato un evento consumatosi in una notte, lo sbarco che avviene oggi è continuo, costante, quotidiano; se le vittime dello sbarco di settant’anni fa furono soldati di eserciti pronti a morire, le vittime di oggi (in fondo al mare o sulle spiagge) sono civili, ma anche loro mettono in conto di poter morire; se quello del 1944 ha condotto nel nostro continente gli uomini che ci hanno portato la libertà, lo sbarco di oggi conduce in Europa uomini che cercano la libertà, che ci chiedono di aiutarli a raggiungerla. Libertà e possibilità di vita diverse, migliori: sono gli stessi sentimenti che avevano nel cuore i nostri nonni nel 1944.

E' strano come nel ricordo di un evento storico così drammatico, mi torni in mente una battuta spiritosa di Lino Banfi che, nei panni di nonno Libero, si rivolge spesso ai nipoti così: “Ricorda: quel che ero, tu sei; quel che sono, tu sarai!

La battuta ha in sé una connotazione generazionale ma, in generale, ha un significato più ampio: ricorda di non disprezzare mai chi ti appare diverso da te, perché un giorno potresti essere nella sua stessa situazione. Ma vale anche il contrario.

Sì, perché noi in una situazione difficile ci siamo stati, settant'anni fa, e ne siamo usciti bene. Proprio per questo non possiamo ignorare o restare inermi o, peggio ancora, disprezzare chi oggi vive la medesima situazione in cui noi eravamo solo due generazioni fa.

Avviene nel Sud Europa questo sbarco continuato, perché viene dal Sud del mondo, da un Sud in fuga dalla guerra, affamato nel corpo e nell'anima, di cibo e di libertà.

Risalgono l'Europa gli uomini del Sud, rispetto a quello fatto dagli Alleati nel 1944, il loro cammino è controcorrente. Settant'anni or sono, gli Alleati arrivarono a liberare popoli oppressi; oggi, quegli stessi popoli, seguendone appunto l'esempio, hanno un solo dovere: allearsi (non con gli eserciti, ma con le decisioni politiche che portino a leggi adeguate) per aiutare chi sbarca sulle nostre coste a percorrere l'Europa in senso inverso, alla ricerca di libertà e condizioni di vita più dignitose, umane.

Questa enorme massa di uomini, donne e bambini, ha tutto il diritto di attraversare l’Europa, i suoi Stati e di fermarcisi, se lo vogliono. Sono come i salmoni: hanno un diritto naturale, che è quello di risalire la corrente contraria alla loro esistenza. E come i salmoni, lo fanno rischiando di finire trascinati via dalla corrente, o dritti in bocca agli orsi che li aspettano: gli scafisti che li hanno stipati su un legno a sfidare le onde del Mediterraneo, prima; i “centri d'accoglienza” trasformati in carcere da leggi inopportune, dopo.

Nel risalire l'Europa, questa umanità dolente in cerca di libertà è costretta a sopportare le stesse angherie per tutto il continente, da quando sbarca sulle coste italiane, fino a quando raggiunge le coste francesi: da Lampedusa, dalla Sicilia o dalla Calabria, fino a Calais, punto di snodo verso l'Inghilterra o gli Stati Uniti.

Da Lampedusa, a Calais, sì, proprio in Normandia, a poche centinaia di chilometri da quelle spiagge storiche. E' la storia che si ripete, il cerchio si chiude. Già, la storia si ripete, ma a parti invertite: chi nel 1944 è stato aiutato a liberarsi grazie a uno sbarco in Europa, oggi è chiamato ad aiutare a liberarsi chi sbarca sullo stesso suolo.

Ecco, mi piacerebbe che l'Europa, le sue istituzioni, tutti i governi europei chiamati a prendere decisioni in merito al fenomeno immigrazione, lo facessero ricordandosi della lezione che ci ha insegnato l'evento storico di cui s'è fatto memoria sulle spiagge della Normandia. Lo facessero, accogliendo gli immigrati dicendo a ciascuno di loro:

Benvenuto! Sai, quel che ero, tu sei; quel che sono, tu sarai!”

Sarebbe un benvenuto e un augurio nello stesso tempo, cui corrisponderebbe un modo di agire nuovo, perché sarebbe una dimostrazione chiara di voler condividere un destino comune, perché la verità è che la nostra generazione europea e quella degli odierni immigrati in Europa, noi i loro non siamo altro che figli di uno sbarco.

Se lo capiamo, il sacrificio compiuto da milioni di uomini avrà avuto ancora più senso e a quell'anziano signore inglese -che oggi li rappresenta tutti- mentre ritorna tranquillo alla sua casa di riposo, potremo dire “Grazie!” senza dovercene, invece, vergognare.

01 giugno 2014

TU MINTISTI

(libera trasposizione in dialetto scillese di “Into the Mystic” di Van Morrison)


 



Com' 'u ventu novu vinni,
'i to' occhi ancor n'o sannu,
'u m'eli ruci chi l'api fannu
nda 'stu cori tu mintisti.

Vardu e viru tu chi fai,
comu si' e, non ci 'osi assai,
nda 'stu cori 'u m'eli, sai, tu mintisti.

E com'è chi vannu 'i cosi, ieu non sacciu comu.
E com'è chi vannu 'i cosi, tu ti nd'ha' iri,
mi stai non ti firi
'chì hai l'anima zinghira lo so,
ma ieu ti l'haiu a diri però,
t'è diri chi m'eli ndo cor, sì, tu mintisti.

E com'è chi vannu 'i cosi, no, ieu non sacciu comu.
Ma com'è chi vannu 'i cosi, tu ti nd'ha' iri,
mi stai non ti firi
'chì hai l'anima zinghira lo so,
ma ieu ti l'haiu a diri però,
t'è diri chi 'u m'eli ndo cor, sì, tu mintisti

Quant' è bella...
'U ventu, sì, turnau.

 

Traduzione italica:
TU HAI MESSO
Appena il vento nuovo è arrivato,
i tuoi occhi ancora non lo sanno,
il miele dolce che le api fanno
in questo cuore tu hai messo.

Guardo e vedo cosa fai,
come sei e, non c'è voluto molto,
in questo cuore il miele, sai, tu hai messo.

E com'è che vanno le cose, no, io non so come
E com'è che vanno le cose, tu te ne devi andare,
non ce la fai a restare
perché hai l'anima zingara lo so,
ma te lo devo dire però,
ti devo dire che il miele nel cuor, sì, tu hai messo.

E com'è che vanno le cose, no, io non so come
Ma com'è che vanno le cose, tu te ne devi andare,
non ce la fai a restare
perché hai l'anima zingara lo so,
ma te lo devo dire però,
ti devo dire che il miele nel cuor, sì, tu hai messo.

Quant' è bella...
Il ventu, sì, è tornato.