16 gennaio 2014

UN GIORNO CE LA FAREMO

Ieri sera sono andato a dormire triste, dopo aver letto Di Calabria si muore.

Intendiamoci, tutto quello che ha scritto Antonio Calabrò è vero. E' vero anche però -e di questo sono profondamente convinto- che Leopardi sta al pessimismo cosmico come noi calabresi stiamo al pessimismo galattico.

E' una questione di razza.

Forse è per questo che per dei motivi a me ignoti e che rendono il cervello un organo misterioso, al posto del “basta che c’è ‘sto sole e basta che c’è ‘sto mare” che fa da colonna sonora al pezzo di Calabrò, nella mia testa ho cominciato a canticchiare “We shall overcome” un vecchio gospel che è diventato la colonna sonora del movimento per i diritti civili del Movimento Afro-Americano.

 

Il significato letterale del titolo è più complesso del semplice “Venceremos” che ricorda le lotte dell'America Latina.

“We shall overcome” significa anche: supereremo, sconfiggeremo, sopraffaremo, prevarremo.

Il tutto è riferito alla condizione di schiavitù dei neri, oppressi anche da leggi ingiuste, emanate solo per giustificare il potere di pochi. E a proposito di leggi ingiuste, in Italia e in Calabria in questi anni ne abbiamo avuto ampia prova.

Dice la canzone: “Sotto gli occhi del Signore, andiamo verso la vittoria, cammineremo mano nella mano, non abbiamo paura. La verità ci renderà liberi, vivremo in pace. Un giorno prevarremo, un giorno ce la faremo”.

Ecco, credo che “We shall overcome” possa essere applicata ancora oggi, specialmente alla realtà calabrese. Una realtà dove regna la schiavitù subita dal potente di turno, una schiavitù non meno terribile di quella subita dai neri americani. Anzi, se vogliamo, ancora più subdola, perché mascherata da democrazia.

Diciamo la verità: essere servi un po' ci piace. Ci piace dover andare, cu crapettu o cu piscispada friscu, a trovare qualcuno da “disturbare”, e non perché siamo grandi allevatori di mandrie ovine o pescatori a livello industriale, ma per veder riconosciuto un nostro diritto, quello che noi calabresi chiamiamo “un problema”. Ecco, in Calabria, è il diritto a essere un problema.

E più titoli ha il tizio (Dottore, Commendatore, Eccellenza, ecc.), meglio è, che poi ci rimani male quando magari scopri che l'”uomo dei miracoli” a cui tu (che magari hai due lauree) ti sei rivolto, ha solo uno straccio di diploma, probabilmente preso -con decenza scrivendo- con un “36 e 'na puntata nto culu”.

E' più facile, meno impegnativo, meno faticoso. E la fatica, se puoi, cerchi di scansartela, mica si' fissa!

E così, per non passare per fessi, non facciamo altro che “'ttaccari 'u sceccu aundi voli 'u patruni”, giustificando prima il potente e poi il prepotente (nel caso in cui i due non coincidano).

Così si fa meno fatica, anziché cercare di far valere i propri diritti in un altro modo: con la protesta civile. Ma non conviene.

In Calabria, se protesti civilmente, se fai notare a tutti che una legge è ingiusta, sbagliata, tutti ti danno ragione, tutti ti dicono “Bravo!”, ma poi nessuno ti aiuta: ti volti a guardare e ti ritrovi da solo, col serio rischio di passare anche per pazzo.

Nonostante tutto però, mi piace, voglio credere, che non siamo vinti -come chiude amaramente Calabrò. Non abbiamo solo due alternative: o servi, o niente. Non sono alternative: chi è servo, cu' 'mbascia 'u imbu, non è niente.

Di Calabria non si muore! Sono questi servi, questo niente che fa morire la Calabria. Ma la Calabria non è fatta di niente.

Voglio credere che non siamo vinti, perché non è vero che siamo “niente”. Se faremo di “We shall overcome” la colonna sonora della nostra vita in Calabria, se riusciremo a capire che protestare civilmente conviene di più che non ‘mbasciari ‘u imbu, allora un giorno anche noi che la pensiamo diversamente dai servi, che non siamo servi, vinceremo: un giorno il diritto non sarà più un “problema”; un giorno sconfiggeremo questa nostra autoimposta schiavitù e saremo finalmente liberi di dimostrare quel che valiamo veramente, senza paura.

Ce la faremo, un giorno. E quel giorno, il sole e il mare della nostra Calabria saranno ancora più belli.

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