24 febbraio 2013

OSPEDALE DI SCILLA: NON C’E’ LIMITE ALLA FACCIA TOSTA

Continua il botta e risposta tra la Regione Calabria e le Associazioni scillesi.

Ecco l’ulteriore comunicato stampa delle Associazioni Pro-Ospedale Scilla, in risposta all’annuncio di ieri relativo all’approvazione da parte del Dipartimento Programmazione Nazionale Comunitaria del finanziamento per la riconversione in Casa della Salute dello “Scillesi d’America”.

Non c’è limite alla faccia tosta della tracotanza e dell’arroganza del potere e non c’è peggior sordo di chi non vuole sentire: dopo l’annuncio, direttamente dalla voce del governatore della Calabria, dell’accorpamento del Tiberio Evoli di Melito Porto Salvo all’Azienda Ospedaliera “Bianchi-Melacrino-Morelli”, arriva puntuale il bollettino, sotto dettatura, dell’ASP di Reggio Calabria con cui comunica a mezzo stampa del via libera alla riconversione dello “Scillesi d’America” in Casa della Salute con tanto di parere favorevole, niente di meno che, del Dipartimento Programmazione Nazionale Comunitaria.
L’acuta sordità, riteniamo ormai irreversibile e incurabile neanche nel più moderno e attrezzato ambulatorio di una qualsivoglia Casa della Salute, nei confronti delle continue istanze per il mantenimento delle funzioni ospedaliere dello “Scillesi d’America”, con anche la proposta di accorpamento all’Azienda Ospedaliera reggina, ci spinge a continuare ancora più tenacemente nella lotta per garantire la migliore tutela della salute dei cittadini di un vasto comprensorio ricadente nel bacino d’utenza dell’ospedale “Scillesi d’America”.
Nell’assimilare la faccia tosta dell’annuncio della riconversione - con tanto di  “piena soddisfazione del direttore generale Squillacioti”- al fumo negli occhi, la rappresentanza delle associazioni scillesi esprime tutte le proprie riserve sui contenuti della relazione dello studio di fattibilità, dove si afferma che “non è ipotizzabile alcun miglioramento infrastrutturale e, quindi, di prestazioni, al di fuori di quelle rese possibile attraverso la realizzazione di quanto con il presente elaborato proposto”. Elaborato nel quale, a fronte di una indicazione su base parametrica dei costi - adattati riprendendo uno studio già predisposto nel 2009, nell'ambito del Piano Sanitario stilato dalla precedente Giunta regionale- non viene però fornita e nemmeno tentata una quantificazione dei benefici -almeno quelli diretti ed indiretti, traducibili in grandezze economiche. Ci si limita invece ad affermare che “è necessario costruire un insieme di indicatori in grado di rilevare i diversi fenomeni sotto osservazione” e a riportare sinteticamente “alcuni indicatori che potranno essere utilizzati per misurare la congruenza dell'intervento proposto”.  Ci viene naturale domandare:
Quando e in quale sede potranno essere utilizzati e valutati detti indicatori, se non all'interno di uno studio di fattibilità?!
La nota dell’ASP giunge a chiusura della campagna elettorale delle elezioni politiche, con tracotante e arrogante significato. Le associazioni scillesi sono certi che arriverà ben chiaro il giudizio del popolo poiché né sindaci, né eletti provinciali e regionali hanno alzato la loro voce in difesa dello “Scillesi d’America”.
La lotta in difesa dell’ospedale fondato dagli scillesi d’America continuerà nelle sedi della giustizia amministrativa e in ogni sede istituzionale competente, fino a quando non riavremo il nostro Ospedale!      

23 febbraio 2013

SUD ALTROVE: VIAGGIO INTROSPETTIVO NELL’INTIMO DELLA NATURA DEI CALABRESI SPARSI IN OGNIDDOVE

Sud Altrove è una scommessa sulle relazioni” (Denise Celentano).
Questa definizione descrive l'essenza del progetto nato da un'idea dei ragazzi di LiberaReggio LAB, sviluppata in collaborazione con
Terrearse.it e cofinanziato dall'Agenzia Nazionale per i Giovani.
Il progetto descrive in modi molteplici (interviste, sondaggi, riflessioni, indagini via internet e filmati video) il complesso intreccio di relazioni che lega il Meridione d'Italia e la Calabria in particolare, con quel Sud che è Altrove, cioè disseminato in altre regioni d'Italia o nel resto del mondo.
Una moltitudine di persone che, pur vivendo lontane migliaia di chilometri dai luoghi d'origine calabri, sentono ancora forte con la loro terra -anche quando, a parole, dicono che in Calabria non intendono tornare.
Nel libro che racchiude il riassunto del progetto, si analizza l’avviluppata matassa di ragioni che hanno spinto e spingono migliaia di calabresi lontano da qui. Lo si è fatto ripercorrendo la Storia che, oggettivamente “non è stata clemente con la Calabria e ci ha macchiato con un ingiustificato senso di inferiorità che ormai sembra genetico” (Letizia Cuzzola).
Si sono analizzati i flussi migratori unidirezionali Sud-Nord, ben sapendo che le responsabilità principali sono da ricercare “in una visione politica volta a mantenere un dislivello di sviluppo economico tra nord e sud”, perché “un piccolo nord ricco ha bisogno per esistere di un grande sud povero.” (Nicola Casile).
Ma nell'analisi dei dati non ci si è certo fermati ad autocommiserarsi o a dar sfogo al “solito” vittimismo meridionale.
Al contrario, si è operata una sorta di introspezione nell'intimo della natura dei calabresi, per capire soprattutto quali sono stati gli errori che anche noi meridionali abbiamo commesso in 150 anni di formale unità d'Italia, ben consapevoli che “senza l'ammissione delle proprie responsabilità e dei propri limiti, il sud non potrà mai disporre degli strumenti per riscattarsi e cercare un proprio ruolo” (Nicola Casile).

Non entro qui nelle cifre, nei numeri e nei dettagli. Vi invito anzi caldamente a prenderne visione diretta, scaricando la pubblicazione a questo LINK. Voglio invece condividere due riflessioni scaturite dalla lettura del libro.

Durante la lettura, ho visualizzato la Calabria come una spugna. Una spugna che dopo aver assorbito le basi della civiltà e numerose culture diverse nel corso dei secoli, sia direttamente che per influenze dirette dei popoli ad essa vicina (prima con i Greci, poi con i Romani e poi ancora: Normanni, Francesi, Spagnoli, Arabi, Turchi), dopo essere giunta alla saturazione, quasi perché obbligata da un naturale fenomeno fisico (agevolato e catalizzato dalle scelte politiche ed economiche di cui si diceva prima), si è sentita in dovere di rilasciare al suo esterno tutto quel sapere, la cultura e la civiltà che hanno costituito il suo patrimonio passato, come a voler saldare un debito di riconoscenza.
E questo eccesso di generosità, ha fatto della Calabria una spugna spremuta, che ha urgente bisogno di rigenerarsi, di essere di nuovo “inzuppata” di sapere, di cultura, di civiltà.
Ma stavolta, per la sua stessa sopravvivenza futura, non può permettersi di essere così generosa come nel passato-presente; deve riservare per sé una buona parte delle proprie forze e delle proprie energie (civili, manuali, intellettuali). Deve farlo, se vuole recuperare il terreno perduto e rimettersi al passo con un mondo che, nonostante tutto, continua a girare.

Condizione essenziale perché questo avvenga, è che i propri giovani non solo abbiano la possibilità di continuare a formarsi sul nostro territorio, ma che abbiano la possibilità di mettere in pratica qui la loro formazione e, cosa ancora più importante, che abbiano la possibilità di condividere da qui il loro sapere, divenendo da qui un punto di riferimento nazionale e internazionale, in grado di attrarre contributi provenienti da altre parti d'Italia, d'Europa e del mondo.

cartina-italia girataMi è venuta in mente l'immagine di un'Italia ruotata di 90°, a sviluppo orizzontale, come gli Stati Uniti, dove Milano era la nostra New York, Torino la nostra Boston e, dalla parte opposta, la Calabria prendeva il posto della California, mentre la Sicilia era le Hawaii.
La cosa che mi ha sempre colpito degli Stati Uniti -ma che avviene normalmente anche in altri Paesi d'Europa- è l'estrema mobilità della sua popolazione, che si sposta tra Stati che, tra l'altro, non hanno nemmeno le stesse Leggi.
Un ragazzo di New York, finito il liceo, può benissimo andare a studiare a Chicago o in California e viceversa. E, una volta terminati gli studi, potrà decidere tranquillamente di lavorare lì dove ha studiato o tornare a lavorare nella sua città, nel suo Stato.
E' lampante che a differenza degli Stati Uniti, l'Italia non ha mai saputo realizzare uno scambio interculturale integrato tra le sue Regioni. O comunque, non si è mai realizzato pienamente. Il flusso studio-lavoro è stato sempre a senso unico: Sud-Nord.
A fronte delle migliaia di calabresi andati a studiare e poi a lavorare fuori, i ragazzi del Nord o del resto d'Italia che hanno deciso di studiare o lavorare al Sud si contano sulle dita delle mani.
Certo, buona parte del problema -tutt'oggi irrisolto dopo un secolo e mezzo- è dovuto a una rete infrastrutturale penosa. E' come se gli americani, nel loro avanzare verso il Far West, si fossero fermati in Texas con strade, autostrade, ferrovie ed aeroporti, accontentandosi delle vecchie piste percorse dalle carovane per raggiungere la California.
Credo basti questo semplice -seppur volutamente forzato- paragone, per capire quant'è ancora grande il margine che separa la Calabria e il nostro Meridione dal resto d'Italia, e quanta strada (metaforica, ma anche reale) dovremo ancora fare per essere davvero un Paese solo.

Nell'ampio panorama di voci e storie raccolte dettagliatamente nel progetto, non viene certo dimenticato che “Sud Altrove è stato un viaggio attraverso una Calabria su cui è stata stesa una pesante coperta che si alza solo per fare uscire la parola 'ndrangheta” (Letizia Cuzzola). Vengono raccontate anche qui le vicende di uomini e donne vittime di delitti o che hanno vista la loro esistenza condizionata pesantemente dalla presenza della criminalità, ma anche le reazioni coraggiose ed esemplari contro questo fenomeno.

Sud Altrove” è un libro ottimista. Un ottimismo oggettivo, basato sulla consapevolezza nei propri mezzi da parte dei giovani calabresi. Viene infatti espresso con forza e in modi diversi il concetto che “la Calabria può riscattarsi se impara ad amare di più i suoi figli” (Letizia Cuzzola).

Amare i propri figli vuol dire tenerli lontani da modi di pensare e di intendere la società che sono fuori da ogni regola del vivere civile, fuori da quella civiltà che abbiamo restituito all'esterno, quasi dimenticandola e rimanendo all'asciutta, come una spugna spremuta.
Amare i propri figli significa aiutarli a dipanare il bandolo della matassa che, per ognuno di noi, “sta proprio nella facoltà di scegliere il proprio destino e cosa fare della propria vita” (Claudia Toscano).
Amare i nostri figli significa garantire il nostro capitale umano,  un capitale che è una risorsa straordinaria seppur ancora a molti sconosciuta, l'unica assicurazione sulla vita e sul futuro della nostra regione.
Dobbiamo farlo, e lo facciamo con una certezza nel cuore e nella mente: siamo calabresi, “portatori sani di testardaggine” (Salvatore Salvaguardia). Ce la faremo.

22 febbraio 2013

OSPEDALE. I RAPPRESENTANTI DELLE ASSOCIAZIONI: LA LOTTA CONTINUA.

Riceviamo e pubblichiamo il comunicato stampa della rappresentanza delle associazioni ''Pro Ospedale di Scilla'', in riferimento all’annunciato accorpamento dell'ospedale di Melito al Riuniti di Reggio Calabria. La lotta civile e democratica per l’Ospedale continua.

Ospedale di Scilla: la lotta continua!

Il fermento suscitato dalla clamorosa notizia dell’accorpamento del Tiberio Evoli di Melito Porto Salvo all’Azienda Ospedaliera Bianchi Melacrino Morelli con il trascorrere dei giorni aumenta l’indignazione degli Scillesi, sbeffeggiati ed ignorati fino ad oggi dal Governatore in carica.

Le istanze, le mozioni, gli appelli, le firme, le proteste, tutte legittime avanzate dagli Scillesi, per il tramite del Comitato pro Ospedale di Scilla, da sempre finalizzate al mantenimento delle funzioni ospedaliere dell’Ospedale di Scilla, in proprio o mediante l’accorpamento all’Azienda Ospedaliera reggina per garantire la tutela della salute dei cittadini del comprensorio ove ricade lo “Scillesi d’America”, sono state ignorate sia dall’Azienda Sanitaria che dalla politica. Ciò che però il Governatore regionale non ha mai voluto neanche ascoltare dagli Scillesi diventa inaspettatamente ed illogicamente possibile ed attuabile per il vicino Ospedale di Melito. Sarà forse perché gli Scillesi si sono “permessi”, a difesa della propria salute, di adire la giustizia amministrativa per chiedere un giudizio sulla legittimità dell’operato del Governatore?

Condividendo le istanze e le esigenze della popolazione, la rappresentanza delle associazioni scillesi, già facenti parte del Comitato pro Ospedale di Scilla, stanno valutando la concreta opportunità di intervenire ad adiuvandum nel giudizio promosso dal Comune di Scilla per l’annullamento della delibera che disponeva la chiusura dell’Ospedale e l’avvio della sua riconversione in CAPT, tutt’ora pendente al TAR di Reggio Calabria, ritenendo giusto che i cittadini siano direttamente partecipi di questo importante giudizio per poter direttamente esprimere le proprie valutazioni e censure, che meritano una celere definizione. In tale sede sarebbe stato opportuno avere presentato istanza di sospensiva del provvedimento impugnato.

La rappresentanza delle associazioni scillesi non solo ritiene dannosa la chiusura dello “Scillesi d’America”, come Ospedale, ma ritiene altresì inopportuna e poco probabile la sua riconversione definitiva in Casa della Salute poiché tale soluzione richiede tempi e costi ingenti, la cui fattiva realizzazione resta subordinata all’assegnazione di somme economiche, che in un momento di grave crisi economica fa ritenere utopistica.

Alla vigilia dell’elezioni politiche, le associazioni scillesi proseguono la loro lotta in difesa dell’Ospedale “Scillesi d’America”, rammentando a tutti gli Scillesi la protesta simbolica fatta nel marzo 2012 nella Piazza di Scilla allorquando dinanzi ai politici erano state sventolate le tessere elettorali.

21 febbraio 2013

‘A LACRIMA

UNA LACRIMA SUL VI  DEO…..

Trasparenti è 'a lacrima,
non avi culuri,
sia di cuntintizza oppur di duluri.
E' zinghira 'a lacrima,
non avi nazioni,
chi sia di gioia o di commozioni.
Non cangia 'a lacrima,
non fa' differenza,
chi sia di sollievu o di suffirenza.
'Mprovvisa è 'a lacrima,
no, non avverti,
pur se si sta sempri cu l'occhi 'perti.
Curiusa è 'a lacrima,
ha 'n sapuri stranu,
chi sia d'animali oppur di 'n cristianu.
Non è 'nsipita 'a lacrima,
'u sa' cu' l'ha pruvata:
p'ogni punta di lingua, esti salata.

Silinziusa è 'a lacrima,
non faci rumuru,
no, quandu nesci ru cori cchiù duru.
Virgugnusa è 'a lacrima,
non si fa viriri,
di notti spunta, prima 'i durmiri.
Signu è 'a lacrima,
di successi e scunfitti,
dill'omini tutti: ri fissa e ri ddritti.
Cumpagna è 'a lacrima
di la vita nostra,
nta 'n mundu chi gira comu 'na giostra.
Giusta è 'a lacrima,
è nda tutti li facci,
nda l'occhi ri ricchi e ri poviri e pacci.
Specchiu è 'a lacrima
e nte so' riflessi,
si viri ch' o' mundu simu tutti li stessi.

19 febbraio 2013

OSPEDALE “SCILLESI D’AMERICA”. SCOPELLITI HA DECISO: MELITO SI’, SCILLA NO

L'IGNORANZA DEL GOVERNATORE E GLI SGARBI ISTITUZIONALI

Il governator Peppone non perde occasione per...smentire sé stesso.
Hanno grande risalto stamani su tutti gli organi di stampa, radio e televisioni locali, le dichiarazioni fatte da Peppone in merito all'accorpamento dell'ospedale di Melito Porto Salvo all'Azienda "Bianchi-Melacrino-Morelli".
Questa operazione consentirà all'ospedale melitese di mantenere le attività chirurgiche, ortopediche e radiologiche, conservare ben 55 posti letto, avere 22 ambulatori oltre alla garanzia del blocco operatorio, dei servizi di pronto soccorso e di quelli ad esso annessi (anestesia, radiologia, ecografia, laboratorio analisi) nonché, per finire, due ambulanze nuove. Costo totale dell'operazione: 10 milioni di Euro.
In pratica: il Tiberio Evoli si vedrà restituite le sue funzioni ospedaliere. Unica eccezione: il punto nascite non riaprirà. Ma il buon Peppone si premura a precisare che non è per colpa sua (e stavolta è vero), ma per una legge nazionale che prevede la chiusura dei punti nascita con meno di 55 parti all'anno.
In mezzo a tutta questa esaltazione, c'è però un'affermazione che desta particolare sconcerto. Premuroso come sempre ad evitare basse speculazioni di convenienza politica, Peppone afferma:
"Non consento a nessuno di fare strumentalizzazioni, approfittando della campagna elettorale. Non c’è stato nessun parlamentare né alcun consigliere regionale della sinistra che abbia mai chiesto incontri o formulato proposte per questo ospedale, gli unici interlocutori sono i sindaci ed io sono sempre disponibile perché ho a cuore le sorti di questo territorio".

Se per l'ospedale di Melito nessuno gli aveva mai chiesto niente -e non ci risulta sia così- e la comunità melitese si è visto ricevere in cortese dono tutta queste "messe" di servizi sanitari, lo stesso certo non può dirsi per l'ospedale "Scillesi d'America" di Scilla.
E' storia che il Governatore non ha mai voluto ricevere le associazioni scillesi per un confronto diretto sui motivi della richiesta del popolo di Scilla.
E' storia che il governatore abbia ignorato le reiterate e pressanti richieste pervenutegli più e più volte anche attraverso il sindaco di Scilla, con il quale ci risulta abbia avuto più di qualche incontro.
E' storia che il governator Peppone non abbia degnato di una pur minima attenzione la proposta di legge fatta propria ed avanzata da un sindacato degli stessi operatori sanitari, con la quale si prevedeva per Scilla quanto oggi viene stabilito per Melito.
E' storia che la stessa proposta di accorpare lo "Scillesi d'America" con l'azienda "Bianchi-Melacrino-Morelli", (al fine di garantire il proseguimento delle attività svolte per più di cinquant'anni ed il loro potenziamento), formalmente avanzata dalla Provincia di Reggio Calabria al Consiglio Regionale, sia stata ignorata sia dal presidente Scopelliti, che dalla sua intera Giunta, che da tutti gli altri consiglieri di maggioranza e minoranza -con qualche piccola eccezione, comunque dimostratasi infruttuosa nei fatti.

Cosa ha impedito al governator Peppone di ascoltare prima le urla del popolo scillese, poi le richieste di un sindaco e infine la fattiva proposta avanzata da un'Istituzione? Non è dato sapere.
Ma una cosa la sappiamo di sicuro: l'aver dimostrato ignoranza, avendo ignorato il popolo e le richieste provenienti da Scilla, è stato uno sgarbo maleducato consumatosi non solo contro l'intera comunità scillese -sindaco in testa- ma, cosa ancora più grave, contro l'Istituzione Provincia di Reggio Calabria. La gravità del comportamento assunto aumenta, qualora si consideri che sia l'amministrazione scillese che la maggioranza in Provincia, siano particolarmente vicini al capo Pepponiano e perciò presumibilmente suoi amici.

 

LA CASA DELLA SALUTE -A CHI PUNTU SIMU

Sappiamo già quali saranno le giustificazioni. Ci diranno che per il Piano di Rientro l'ospedale di Scilla non poteva continuare a funzionare. Questo l'abbiamo capito, tant'è vero che la proposta di accorpamento era stata fatta in maniera tale da risultare praticamente, carte alla mano, a costi invariati.
Ci diranno che per Scilla è stata prevista l'istituzione presso la sede del fu "Scillesi d'America" della Casa della Salute. A tal proposito, aggiorniamo un po' la situazione.
Mentre tutti i calabresi si preparavano al Santo Natale, il Commissario ad acta Peppone -sempre lui- non pinsava e' zzippuli ma continuava a lavorare e lo scorso 20 dicembre con il D.P.G.R. n° 195 ha preso atto che la Casa della Salute a Scilla si può fare.
La somma complessiva necessaria per opere civili e impiantistiche è stata quantificata in € 5.772.000,00. A detta somma, vanno aggiunti gli importi per oneri di legge, tasse, ecc. Insomma, quattru i corda e cincu i spavu, l'investimento complessivo ammonta a  € 8.270.000,00 (quasi pari perciò a quanto previsto per Melito).

Lo studio di fattibilità

Come verranno spesi questi soldini ce lo spiega la relazione allegata allo studio di fattibilità, redatto a Novembre 2011 e poi aggiornato e rivisto fino al Luglio 2012.
L'intervento riguarderà circa 8.500 mq. sui 10.000 totali e, le somme da spendere sono così ripartite:
-per l'adeguamento statico e la verifica sismica imposta dalle leggi in materia serviranno poco meno di €520.000;
-per l'adeguamento funzionale, consistente in interventi per la diversa distribuzione e dotazione degli ambienti, circa € 2.000.000;
- per opere di finitura interna ed esterna e la sistemazione degli spazi esterni, circa € 1.500.000;
-per l'adeguamento impiantistico (impianto elettrico, ascensori, antincendio, climatizzazione, ecc.), poco più di € 1.700.000.
Fuori dal calcolo della spesa, viene inoltre stimata una somma di poco più di un milione di Euro (conteggiata tra le somme a disposizione dell'Amministrazione) per l'adeguamento tecnologico.
La nuova Casa della Salute sarà così concepita:
- al piano seminterrato troveranno spazio i servizi generali di supporto (archivi e depositi) e i volumi tecnologici;
-al piano terra: front office, area accoglienza, servizi sanitari (primo soccorso, soccorso mobile, continuità assistenziale e diagnostica: ex radiologia ed ambulatorio analisi), oltre al SERT. Nella "parte vecchia" troverà spazio l'area prevenzione (profilassi malattie infettive e centro vaccinale);
-al primo piano: oltre all'area dialisi (non soggetta a variazioni), ci sarà un'area clinica (con punto di primo intervento, ambulatorio prime cure e poliambulatorio di medicina generale e pediatria). Nella "parte vecchia" saranno ospitate l'area per i servizi sociali e i servizi socio-sanitari;
-al secondo piano: poliambulatori, consultorio e screening oncologico;
-al terzo piano: l'area dedicata interamente ai servizi riabilitativi;
-al quarto piano: un'area dedicata totalmente ai servizi socio-sanitari (centro di salute mentale, coordinamento servizi sociali e centro diurno);
-al quinto piano: a fianco dell'area dedicata alla terapia antiblastica, troverà spazio l'intera area dedicata all'amministrazione (direzione distrettuale ed uffici).
Esecuzione dei lavori: il tempo previsto, dall'assegnazione delle risorse necessarie, è stimato in 2 anni, 8 mesi e 24 giorni.

Queste le novità relative alla Casa della Salute. Del ricorso presentato dal Comune, parleremo prossimamente, perché anche lì non mancano di certo le sorprese.

CURIOSITA'... E SCHIATTAFICUTI

Nella relazione dello studio di fattibilità e nella successive delibere adottate dall'ASP per la formale presa d'atto dello stesso, che hanno portato poi al D.P.G.R. n° 195 del 20 Dicembre 2012, ci sono alcune curiosità utili ad alimentare ancora una volta i soliti schiattaficuti.

Vediamole in una breve rassegna...degli orrori.

Lo studio di fattibilità

1) Nell'analizzare i vincoli esistenti nell'area di progetto, la relazione afferma: "La circostanza che trattasi di una struttura preesistente, a specifica destinazione sanitaria, consente di confermare che non esiste alcun vincolo inibitorio alla realizzazione delle opere di riconversione funzionale della struttura", per fare i lavori basta "una semplice SCIA".
Peccato però che il primo documento da allegare alla presentazione della SCIA sia il titolo di proprietà. Proprietà che un Decreto della stessa Regione Calabria -come sottolineato più volte in precedenti articoli- ha formalmente negato!

2) Nell'analisi dello stato di fatto si ripropone l'affermazione secondo cui l'ASP "con propria deliberazione n° 184 del 29/3/2012 ha avviato il processo di riconversione attivando presso la struttura alcune funzioni assistenziali di tipo territoriale proprie del Distretto".
Ci si dimentica (?!) di ricordare che l'oggetto completo della suddetta deliberazione era il seguente: chiusura ex struttura ospedaliera di Scilla e avvio processo di riconversione .
Ricordiamo altresì che il processo di riconversione -ma senza chiusura- doveva avvenire in due giorni, entro il 31 Marzo 2012.

3) Sotto l'aspetto tecnico, viene ribadita con forza la necessità di procedere a una verifica sismica dell'intero edificio, in considerazione del fatto che la parte vecchia, in muratura ordinaria, è stata ultimata tra la fine deglia anni '50 e i primi anni '60 e che la parte "nuova" in cemento armato "presenta alcune fessurazioni, qualche irregolarità di distacchi nei pannelli murari e apprezzabili degradi negli elementi strutturali".
Pertanto, continua la relazione "Occorre intervenire, con urgenza, sull'intero organismo edilizio con interventi coordinati e puntuali....L'assenza di ogni utile documento per la specifica trattazione e la certezza che la struttura è stata realizzata prima del 1984, impongono l'avvio di un'attenta verifica delle geometrie della struttura da accompagnarsi ad una campagna di prove, saggi e puntuali accertamenti..."
Ora tutto è possibile immaginare, ma che non vi sia nessun documento tecnico (progetti, calcoli strutturali, elaborati grafici, ecc.) di un'opera di sei piani, che ha una superficie di circa 10.000 mq è alquanto assurda e, al tempo stesso, allucinante!!!
Nessuno ha mai pensato di andare a vedere al Genio Civile, o al Comune di Scilla o all'Archivio di Stato, o a rovistare nei cassetti dell'amministrazione sanitaria o a interpellare il Comitato "Pro erigendo ospedale"?! Ma scusate: mica stamu parrandu 'i 'na caseddha 'i lamera pi tiniri i zzappuni!?!?
La completa indagine diagnostica della struttura ci costerebbe € 519.480,00.

4) Rispetto ai parametri economici del 2009, secondo i quali per la definitiva trasformazione servivano € 7.750.000,00 "si è necessariamente dovuto procedere ad una rimodulazione dei costi finalizzata ad una sensibile contrazione dei costi" [Ahi, l'italiano, questo sconosciuto!!], con l'ovvia conseguenza che si è proceduto "individuando quelli più economici" per singolo tipo di lavorazione "eliminando, forzatamente, alcune lavorazioni che seppur necessarie all'esterno dell'involucro edilizio, non possono rientrare tra le somme disponibili".
Il che significa che, nonostante l'investimento previsto (che è facile presumere subirà altre variazioni nel corso del tempo), non sarà possibile eseguire tutti i lavori necessari.

5) Nel paragrafo dedicato alla descrizione degli interventi sull'edificio, vi è poi una frase leggermente assurda, dato che si ammette che il "presente elaborato" (cioè lo studio di fattibilità) è stato "redatto con il fine di certificare (!!!- n.d.r.) la reale fattibilità dell'opera".
Uno studio di fattibilità non deve avere lo scopo di "certificare" scelte politiche fatte a monte!
Esso è uno strumento che serve a monte della scelta politica, per capire se un intervento possa essere realizzato dal punto di vista tecnico e, soprattutto, sia conveniente dal punto di vista  economico. Il certificato si riferisce e attesta qualcosa che è già avvenuto.
Prendiamo dolorosamente atto ancora una volta (dopo l'annosa questione ascensore), che in Calabria gli studi di fattibilità hanno funzione "certificativa" delle scelte politiche degli amministratori di turno.
6) Le 30 pagine di "certificazione" tecnica, si concludono con una frase agghiacciante:
"La fattiva realizzazione dell'importante opera....resta subordinato [mannaia l'italiano! ancora lui!) alla effettiva assegnazione delle risorse stimate nel presente elaborato."
Traduzione: quello che già avete deciso di fare, si può fare, sempre che troviate i soldi per farlo.

 

Il D.P.G.R. n° 195 del 20.12.2012

Il Decreto è la formale presa d'atto di una precedente delibera dell'ASP, la n° 572 del 19.12.2012.
Leggendone la parte introduttiva si viene a sapere che la detta delibera ASP non è altro che la rettifica di una precedente Delibera -la n° 568 del 13.12.2012- nella quale "per mero errore di valutazione si è fatto riferimento ad attività istruttoria non supportata da atti formali."

In pratica, nella delibera di giorno 13 si prendeva atto che "gli elaborati progettuali hanno avuto il conforto del Dipartimento alla Salute della Regione Calabria, supportato allo scopo dai pareri favorevoli espressi dal FORMEZ e dall'apposito Nucleo di Valutazione e Verifica degli Investimenti Pubblici del Dipartimento Regionale dei Lavori Pubblici della Regione Calabria acquisiti....a seguito di formale riunione tenutasi a Catanzaro in data 28/05/2012".
L'errore viene giustificato affermando nella seconda Delibera (n° 572) che s'intendeva "inquadrare l'attività svolta come semplice istruttoria relativa ad un processo più complesso delegato alla piena responsabilità dell'Amministrazione proponente."

Tradotto, la correzione apportata svela con piena evidenza due cose:

1) Dei pareri favorevoli espressi il 28 Maggio 2012 non vi è alcuna traccia scritta, almeno nessuno vi fa cenno. D'altra parte, se non esiste nemmeno un disegno di un ospedale di sei piani e 10.000 mq., vorreste che esistesse un misero verbale?! Questa è coerenza.

2) Lo studio di fattibilità, redatto a Novembre 2011, è stato sottoposto a revisione a Giugno e Luglio 2012 -quindi dopo la riunione- finendo così magicamente con il "certificare" ciò che era stato già deciso tempo addietro: Scilla non doveva avere un ospedale.

E 'u schiattaficutu continua....

Se volete condividerlo pure voi, ecco i link con tutti i documenti citati:

-DPGR n°195/2012

-Studio di fattibilità per la riconversione a Casa della Salute: Relazione

-Studio di fattibilità per la riconversione a Casa della Salute: Elaborati grafici

-Delibera ASP n° 568/2012

-Delibera ASP n° 572/2012

18 febbraio 2013

VIAGGIATORI

image

Siam viaggiatori lungo profili addomesticati
sospesi su bolle d'aria
fragili e artificiali.
Seguiam percorsi prestabiliti, già disegnati
lo schema è lo stesso, non varia
sono del tutto uguali.
Passiamo i giorni rincorsi dal tempo, dai suoi rintocchi
siam come cavalli ammaestrati, coi paraocchi.

Siam navigatori, solchiamo mari non più salati
oppure sospesi nell'aria
solo su un paio d'ali.
Seguiamo rotte segnate dai radar, sui loro tracciati
il sistema è lo stesso, non varia
sono del tutto uguali.
E ogni curva è un'illusione, 'ché se guardi più da vicino
son piccolissime rette, linee di vuoto destino.

Poi un sogno, tra i pochi ancor non dimenticati,
nel buio mi appare,
ben oltre la sera.
Due cavalli selvaggi al galoppo lanciati,
è bella da sognare
la loro bianca criniera.
Dai nostri percorsi stan ben lontani, non gl'importa niente
van lungo sentieri inesplorati, controcorrente.

Vivono in uno con la Natura non sono imbrigliati
e all'ansa di un fiume
si fermano a bere.
Un istante e l'attimo dopo son di nuovo scappati,
sono leggeri come piume,
forti e senza barriere.
Galoppano insieme incontro alla vita e a quel che sarà
corron veloci, incuranti del tempo, nella libertà.

Ogni deviazione li rende vivi, più affiatati,
fuori d'ogni percorso, è vero,
lì si compie il destino.
E i cavalli avanzan nel vento, impolverati
lungo lo stretto sentiero
che porta al mattino.
Il rumore del vento ne copre il galoppo, non li sento più.
Dentro la polvere, son già alla fine di un sogno reale, laggiù.

E su due cavalli noi viaggeremo, pur se sogno non è,
cavalcheremo incontro al destino, insieme io e te.

14 febbraio 2013

THORNLESS ROSE

(Libera traduzione di “Stelutis Alpinis” di Francesco De Gregori)

(clicca sull’immagine per ascoltarla)

 

My sweet girl, I can’t tell
no, all the love I feel
for you baby, I don’t know well
I can’t see what is your will.

In my heart just one desire:
to hold you by my side.
Without you, I’m in the mire,
I can’t escape the rising tide.

Without you, I’m in the mire,
I can’t escape the rising tide.

Oh my heart beats so fast
ev’ry time I see your face,
I don’t know how long it’ll last
keepin’ on in this fool race.

And when you are feeling sad
please, don’t cry because
by my love you’ll be fed
you, my sweet thornless rose.

By my love you’ll be fed
You, my sweet thornless rose.

11 febbraio 2013

LE DIMISSIONI DI PAPA BENEDETTO XVI: L’ONNIPOTENZA E L’UMANITA’

fulmini VaticanoSono un semplice e umile lavoratore nella vigna del Signore”.

Con queste parole si presentò al mondo Papa Benedetto XVI nell’Aprile del 2005, il giorno della sua elezione.

Oggi la notizia, giunta come un fulmine a ciel sereno, si è trasferita in un attimo in ogni angolo del mondo: il primo contadino della fede ha deciso di lasciare la vigna.

Lo fa con i suoi piedi e in piena coscienza, in maniera secca, con un gesto semplice, umile e al contempo rivoluzionario.

Anche se il fulmine ha colpito a ciel sereno, in verità in molti se lo aspettavano da tempo. Almeno da un anno, molti erano stati i “tuoni” che l’avevano in un certo senso preannunciato.

In queste ore, molti sono stati i commenti circa i motivi “nascosti” di queste dimissioni.

E’ indubbio che uno studioso della fede e della religione della fratellanza per eccellenza come Papa Ratzinger, sia rimasto profondamente colpito dallo scandalo provocato dalla divulgazione di documenti riservati. Quel tradimento –perché di vero e proprio tradimento s’è trattato- non può non aver pesato nell’assunzione della decisione odierna.

Altri, più stupidamente, hanno parlato anche di "codardia" e di incapacità nella gestione degli "affari vaticani"

Le motivazioni che l'hanno indotto a prendere questa decisione definitiva sono secondo me ben più profonde.

Con il suo gesto, Papa Ratzinger ha dimostrato una dimensione umana che non ha nulla a che vedere con quell’immagine di potenza che viene cucita addosso a chiunque rivesta una carica di grande levatura, a maggior ragione addosso a un Papa.

Benedetto XVI rimarrà nella storia, proprio come Celestino V, da noi conosciuto solo attraverso le pagine della Divina Commedia.

Celestino amava la solitudine, la meditazione, proprio come Joseph Ratzinger, sempre alla ricerca quasi fisica di Dio, attraverso la preghiera e lo studio della Parola.

A questo proposito, mi tornano in mente alcune frasi dal suo libro "Gesu di Nazareth" che mi hanno molto colpito:

"L'accesso immediato di Mosè a Dio -che fa di lui il grande mediatore della rivelazione, il mediatore dell'Alleanza- ha dei limiti. Egli non vede il volto di Dio anche se gli è permesso di immergersi nella nube della sua vicinanza e parlare con Lui come con un amico"....All'ultimo profeta, al nuovo Mosè sarà concesso in dono quello che è negato al primo -vedere davvero e immediatamente il volto di Dio e poter così parlare in base alla piena visione di Dio e non soltanto dopo averne viste le spalle".

Dunque, nemmeno chi veramente conosce nel profondo la Parola, perché vi si immerge come in una nube che lo avvolge e lo avvicina a Dio, potrà vedere com'è fatto Dio. Può solo parlargli, ma da amico.

L’estrema vicinanza a Dio non è quindi un mezzo per divenire Onnipotenti né per mettersi sul Suo stesso piano. Nessuno degli uomini, per quanto potenti siano o si credano di essere, ci riuscirà.

Secondo me, in queste parole è racchiusa invece la profonda consapevolezza da parte di chi crede, primo fra tutti il Papa, della vera natura dell'uomo e dei suoi limiti fisici. Quei limiti che oggi ha riconosciuto pubblicamente.

Nell’ultimo tweet consegnato alla rete e alla storia appena ieri, il Papa ha scritto: “Dobbiamo aver fiducia nella potenza della misericordia di Dio. Noi siamo tutti peccatori, ma la Sua grazia ci trasforma e ci rende nuovi”.

Ecco ancora una volta messa in evidenza la fragilità dell’uomo. Quel “siamo tutti peccatori” (di certo non una frase nuova per la Chiesa cattolica) è l’ennesimo promemoria della fragilità umana, che include necessariamente anche lo stesso Papa, il quale da uomo estremamente sapiente, non si sottrae alle sue colpe.

Tutt’altro. Nell’accettarle, da credente si affida alla grazia dell’Onnipotente, l’unica forza in grado di trasformare e rinnovare gli uomini, ivi compresi gli uomini della Chiesa cattolica e quindi la stessa Chiesa come istituzione.

Riletta oggi, a poco più di 24 ore di distanza, alla luce delle dimissioni annunciate, si può dire che questa frase costituisce il segnale dell’inizio di una rivoluzione; il segnale che quella vigna del Signore nella quale Benedetto XVI ha operato per quasi otto anni, è destinata a subire profonde trasformazioni.

Ma a continuare a coltivarla non sarà più un contadino tedesco, oramai vecchio e, giustamente, stanco. A continuare l’opera di pulizia e disinfestazione già avviata –preludio a ogni trasformazione del terreno, saranno altri. Lui, Joseph Ratzinger, nella vigna vi era entrato quando c’era da ripartire quasi da zero, ha iniziato a pulire e non l'ha mai chiusa, rifugiandosi nella sua "nube di vicinanza". Ha invece sempre cercato di farci entrare tutti i cristiani, mediante le sue opere, i suoi scritti. Di questo mi sento in dovere di ringraziarlo.

Oggi è uscito dalla vigna in piena coscienza, ma non l’ha abbandonata. Ha solo lasciato il cancello aperto.

* Foto di Alessandro Di Meo, (agenzia Ansa) via La Repubblica

03 febbraio 2013

AND YOU ARE SLEEPING STILL

(libera traduzione anglofona di “ E vui durmiti ancora” –di Giovanni Formisano e Gaetano Emanuel Calì- nel testo cantato da Andrea Bocelli)

 

The sun's already rised from the sea
and you, my little beauty, are sleeping still,
the birds, they are all really tired to sing
they're waiting out there, all filled with chill;
they’re alighted on this balcony for thee
waiting for you to appear, just let you see.

Now it’s enough, don't sleep anymore,
'cause between them in this narrow lane
I am also waiting, for you, I'm sore,
to see your face, a beauty, once again.
Out there I'm spending ev’ry single night,
I only wait for you to appear in sight.

The flowers can't stay without you, it's doom,
they're all with dangling heads, they won't resist,
everyone of them don't wanna bloom
if you don't open up this locked door first.
They’re hidden in this balcony for thee
waiting for you to appear, just let you see.

Now it’s enough, don't sleep anymore,
'cause between them in this narrow lane
I'm also waiting, for you, I'm sore,
to see your face, a beauty, once again.
Out there I'm spending ev’ry single night,
I only wait for you to appear in sight.

Out there I'm spending ev’ry single night,
I only wait for you to appear in sight.

TRA OMERTA’ E SOLIDARIETA’: IL RINNOVAMENTO DELLE COSCIENZE

Nel quadro confuso della situazione politica italiana, tra scandali e polemiche, una cosa è certa: chiunque vinca, le imminenti elezioni ci regaleranno un Parlamento nel quale nessuna delle forze in campo riuscirà verosimilmente ad ottenere la maggioranza.
Questo significa che sarà molto dura poter governare normalmente, cioè senza il timore di pericolose imboscate che sarebbero senz’altro un dejà vu di cui faremmo volentieri a meno.
Le divisioni la fanno dunque da padrone e nessuno sembra disposto a cedere, facendo un passo verso l’altro. E’ un brutto segnale, che non promette nulla di buono.
I protagonisti della politica nostrana rimangono arroccati ciascuno sulle proprie posizioni, incapaci di dialogare ma capacissimi di continuare ad urlare. E quando si urla, è difficile che chi ascolta riesca a capire.

Se c’è una persona che invece parla sempre in modo chiaro e diretto, senza giri di parole, quella è don Luigi Ciotti. Ieri sera, intervenendo a una trasmissione televisiva durante la quale gli è stato chiesto un commento agli ultimi avvenimenti politici della settimana, don Ciotti ha risposto: l’unico modo per far sì che la politica sia in condizioni di dare risposte serie e concrete alle esigenze dei cittadini (in particolare per quanto riguarda i temi della legalità), è quello di fare leggi giuste. Ma le leggi giuste sono il frutto non certo delle divisioni ma dell’unione di intenti, che si realizza solo e soltanto se si guarda a ciò che ci unisce e non a ciò che ci divide.
Non è un passo semplice da fare, tutt’altro. E’ necessario, dice ancora don Ciotti, un elemento fondamentale: il rinnovamento delle coscienze.
Solo attraverso un serio rinnovamento che parte dal profondo, dalle nostre stesse viscere, potremo sviluppare quel sentimento di solidarietà concreta –che è il marchio di fabbrica di “Libera”, l’associazione fondata da don Ciotti- in grado di sconfiggere le divisioni e l’omertà che contraddistingue la società moderna, specie nel meridione.
Troppo spesso confondiamo, equivochiamo, il significato di solidarietà; più che dimostrarci solidali, ci dimostriamo sodali –diretti, ma spesso anche indiretti- della prepotenza, vittime della paura. Troppo spesso, e troppo facilmente, sconfiniamo nell’omertà.















Come fare allora a distinguere la solidarietà dall’omertà? Per rispondere a questa domanda, credo sia estremamente utile riportare una paginetta tratta da “In alto a sinistra” dello scrittore napoletano Erri De Luca. 
Scrive di una lezione del Prof. Giovanni La Magna -suo insegnante di latino e greco al liceo “Umberto I” di Napoli.
Era l’anno scolastico 1966/67 e il Prof. La Magna così parlò ai suoi alunni secondo i ricordi dello scrittore:

<< Sono siciliano. Nella mia terra c’è un costume che vieta di denunciare i colpevoli di reati: si chiama omertà.
L’omertà nasce dal bisogno di difendersi da un regime sociale di spoprusi in cui la giustizia è applicata con parzialità e favoritismi, ma contrappone malauguratamente a questo un altro regime di soprusi: la mafia.
L’omertà è un comportamento radicato in tutta la popolazione quando considera l’intero apparato statale un grande sbirro. La mafia che è nata da questa silenziosa protezione popolare, l’ha trasformata in legge di sangue sicché oggi l’omertà è frutto principale della paura.
Essa non distingue tra chi si ribella a un sopruso e chi agisce da criminale, copre tutti, il povero cristo e il malfattore. L’omertà è diventata cieca ed è al servizio di un’altra prepotenza
.>>
Poi continua il Prof. La Magna: <<Lo spirito di solidarietà è invece un sentimento che onora l’uomo. Non è una legge, come l’omertà, sorge di rado. Spunta di colpo tra persone che si trovano in difficoltà, comporta il sacrificio personale, non si nasconde dietro il mucchio formato da tutti gli altri.
La solidarietà è opera preziosa di un’occasione, appena compiuto il suo dovere rompe le righe, lasciando in ognuno la coscienza tranquilla
.>>


Queste parole -pronunciate alla vigilia del clamoroso rinnovamento culturale avviato nel ‘68- ci indicano chiaramente qual è la strada per un nuovo rinnovamento altrettanto clamoroso: quello dei costumi del nostro tempo, un cambiamento che non possiamo più rinviare: il rinnovamento delle coscienze.
Rinnovare le coscienze significa dunque far sì che la solidarietà non duri un attimo, non sia leggera, fugace, di facciata, come spesso accade.
Dobbiamo fare in modo che quegli attimi diventino sempre più lunghi: siano minuti, ore, giorni, anni.
Solidarietà significa condivisione di un percorso, di uno stato d'animo, con colui che è in difficoltà, che soffre. E la sofferenza, in genere, non è mai istantanea, non dura mai un attimo.
Dare solidarietà significa vivere i giorni di una vita con la coscienza tranquilla, una vita normale.

Perciò, non bisogna lasciarsi coprire dal malcostume dell'omertà, dalla sua legge cieca che ci rende massa, esseri indistinti.
Non copriamoci, ma scopriamo invece la solidarietà, lasciamoci percorrere da questo sentimento che -come dice De Luca- <<...è come una scarica elettrica, capace di trasformare varie genti in un popolo, molte prudenze in coraggio>>.

E se abbiamo il coraggio di rinnovare le nostre coscienze, allora sì che -come dice don Ciotti- possiamo sognare un orizzonte di normalità.