21 febbraio 2010

I LADRI ANTICHI, I LADRI MODERNI E L'APPRENDISTA FORGIARU

Il suono delle tre mazze che battevano all'unisono sull'incudine scandiva il passare del tempo nei pomeriggi dopo la scuola. 'U mastru forgiaru, con un martellino, teneva il ritmo e dava il segnale d'inizio e di chiusura delle operazioni di forgiatura.
Servivano molta abilità e attenzione da parte deli apprendisti, che erano ragazzi, a volte bambini della scuola elementare che prestavano orecchio a quello che non era un rumore, ma una vera e propria melodia fatta da strumenti d'acciaio, e seguendo ogni fase con occhio attento, magari standu addritta magari supra a nu banchittu.
Un iornu, uno di loro, chi evidentementi aiva l'occhi cchiù vurpigni, si accorse chi ddhà 'n terra nc'era 'n cacch'cosa chi luccicava. Si 'mbicinò passu passu, pi non farsi vedere dal mastru -che in verità lo seguiva con la coda dell'occhio- e, mbasciatusi 'n terra raccolse alcune monete.
Aippi il primariu istintu mi si sarba nta sacchetta, ma poi, seppur figghiolu, l'apprendista si ricordò delle parole che gli aviva dittu so' patri.
"Figghiu, sta' attentu. Se viri sordi 'n terra, non mi ti sarbi? Pigghili, vai nto mastru e dinci:'Mastru, ddhà 'n terra truvaia chisti'. E nc'i runi, capiscisti?"
E cusì fici. L'apprendista chiamò 'u mastru e gli consegnò i pochi spiccioli che aveva raccolto da terra.
Il vecchio mastru, lo guardò negli occhi e, con un'espressione soddisfatta, dandogli un buffetto sulla guancia disse: "Oh, bravu figghiuceddhu. Grazii." E rimise gli spiccioli nei pantaloni, nella stessa tasca dalla quale li aveva fatti cadere.

Ho voluto qui riportare questo piccolo episodio narratomi qualche giorno fa da un mastro scillese, perché mi è sembrato estremamente indicativo.
Non si mandavano i figghi adolescenti a lavorare, con la presunzione di far diventare i propri figli più bravi dei maestri. Certo, qualcuno ci è riuscito pure.
No, lo scopo era sì quello di racimolare qualcosina in più nel bilancio familiare, ma soprattutto quello di far imparare ai ragazzi l'etica del lavoro e, con essa, il valore dell'onestà. 

Onestà significa fiducia; fiducia significa lavoro; lavoro significa soddisfazione, gratificazione sociale, vita.

Iari "o' mastru" quindi, non significava solo apprendere un qualcosa di materiale, di pratico, che ti sarebbe magari servitu in futuro. Il più delle volte infatti, i vecchi bravi artigiani (forgiari, scarpari, falignami, buttàri, ecc.), erano così gelosi delle loro capacità creative, della loro arte, da evitare abilmente di farne scoprire ai giovani apprendisti tutti i segreti.
Iari "o' mastru", sacrificando magari le ore di svago pomeridiane, implicava anche imparare ad apprezzare la fatica, capire che quel poco che si guadagnava non pioveva dall'alto, ma era il frutto di sacrificio, sudore, attenta applicazione. Non era una semplice scuola dei mestieri, costituiva la scuola di uno stile di vita che, purtroppo, da noi stiamo perdendo ogni giorno di più.
Dico da noi, pirchì nelle parti più povere del mondo, lì dove operano solo i missionari, per esempiu, questa che è una vera e propria filosofia di vita, viene ancora applicata, con buoni risultati.

In Europa, nel mondo occidentale, questo sembra essere invece un mondo lontano anni luce dal nostro moderno modo di pensare. E' vero, per fortuna siamo andati tutti a scuola, abbiamo tutti un diploma, molti, moltissimi frequentano le università, con la speranza e nell'illusione di poter diventare tutti avvocati, medici, ingegneri, architetti.
Per carità, è tutto legittimo. Ma cu' zzappa? Cu' sapi 'ggiustari un paru di scarpi? Cu' sapi lavurari cchiù 'u ferru o 'u lignu?

La scuola attuale è divenuta una giungla, dalla quale i propri figli devono emergere. E' stato calcolato che gli attuali professori universitari non sono altro che i figli dei professori dei nostri padri e che in Italia il "tasso di gioventù" del corpo insegnante a livello universitario, è il più basso d'Europa.
Ndi inchimu 'a bucca di meritocrazia, ma poi, nei fatti, si fa poco o nulla per cambiare un sistema che è fermo al '68. I programmi scolastici sunnu vecchi quantu a mia!
Queste carenze formative -chi, quandu unu va' a scola, non ci faci né caddu e né friddu- finiscono inevitabilmente col trasferirsi nella società, nei centri decisionali, nella politica, nelle leggi che regolamentano (o dovrebbero regolamentare) le nostre vite.
E di questo gioco al massacro, del "ieu sugnu megghiu 'i tia", di questa quotidiana applicazione della famosa legge del "futtiri cumpagnu" è figlia anche una nuova concezione del termine "ladro".

In un recente convegno alla Luiss di Roma, il Presidente della Camera, On. Fini ha fatto unas netta distinzione: all'epoca di tangentopoli, i politici che gestivano il potere sì «erano ladri, ma sulle loro spalle c’era il peso di mastodontici apparati». Oggi, che quel sistema  continua (magari con minore evidenza, ma continua), «Oggi ci sono tanti episodi di malcostume e tangenti ma vanno considerati per quello che sono, volgari lestofanti.» Sì, secondo Fini «Oggi chi ruba non lo fa per il partito ma perché è un ladro. »

Mah! Questa distinzione, tra ladri di una volta e ladri moderni non mi cunvinci. Chi vuol diri?  E' come se considerassimo due apprendisti che avessero frequentato il laboratorio ru mastru forgiaru, diversi dall'onesto protagonista del racconto fatto all'inizio. 
L'apprendista della "prima Repubblica", ha preso i soldi da terra e poi magari, dopo il lavoro, è andato a comprarsi il gelato con gli altri amici, colleghi di lavoro. 
L'apprendista della nostra epoca, della "seconda Repubblica", ha raccolto i soldi da terra e se li sarebbe tenuti per sè.

14 febbraio 2010

SUPERMAN vs THE BIG TUNA? WHY NOT?

Fannu a gara. I nostri rappresentanti regionali fannu a gara: a cu' potti 'u cchiù.

Se cliccati ccà, scoprirete tutte le belle cose fatte dalla Regione Calabria negli ultimi cinque anni di cuvernu (a pagina 229, trovate in elenco l'ecomostro scigghitano). 
Non c'è nenti da fari: la logica berlusconiana del governo ha infettato tutta l'Italia. Gli interventi dei politici si susseguono quotidianamente, su tutti i canali, su tutti i mezzi d'informazione, a ogni ora del giorno e della notte. Aundi girati girati, è solo un continuo ripetere di cifre ("x" latitanti arrestati, "y" leggi antimafia approvate; noi abbiamo fatto...ecc.), in una sorta di spot pubblicitario dalla durata infinita, stili elezioni 'mericani.

Esaminiamo gli "attori" di questo spot infinito, per i quali voteremo a fine marzo per la carica di governatore.

Pepp(on)e Scopelliti, il (super) sindaco di Reggio Calabria che, per il PDL, che cerca di ripetere a livello regionale l'eccezionale performance delle ultime elezioni comunali riggitane, dove ottenne un clamoroso 70% dei voti che l'ha portato a essere uno dei sindaci migliori d'Italia (ma se spiati a Rriggiu, non tutti su' d'accordu). 
 

Stando ai pronostici e al "vento" che tira, il Pepp(on)e riggitano dovrebbe vincere a mani basse -tantu, 'i quantu è iatu, si viri 'u stessu!
Un piccolo brivido ci sarebbe potuto essere qualora l'UDC avesse deciso di allearsi con il PD o, addirittura di correre da solo, seguendo la dottrina "chinottiana" del leader Casini, il quale nei giorni scorsi ha affermato: "Diamo fastidio perché siamo fuori dal coro".
In realtà, il brivido non ci sarà. In Calabria hanno deciso di salire sul carro del (probabile) vincitore e ripetere così l'esperienza (nefasta)  già fatta all'epuca della giunta Chiravalloti.

Il vincitore in pectore, (almeno nella provincia reggina),  il nostro (nel senso 'ndiginu del termini) supersindaco, sarebbe il primo espresso dalla nostra provincia in circa 40 anni di esistenza dell'ente regionale! E' sicuro però che una tale eventualità, spingerà la restante parte dei calabresi (cosentini e catanzarisi) un po' più verso altre soluzioni.
Pepp(on)e è forte dell'esperienza fatta a Rriggiu e dell'alta considerazione di cui gode presso i centri decisionali romani (rampollo finiano, è apprezzato anche dal Sig. B), che hanno immediatamente certificato la sua candidatura.
Scopelliti non è nuovo nel panorama politico regionale, essendo stato stato sia assessore regionale che presidente della massima assemblea elettiva calabrese. 
E, comu o cristianu, non è nuovo nemmeno lo slogan “E' ora di cambiare, insieme si può. Forsi, il Peppone riggitanu è a curtu di fantasia o forsi è nu pochiceddhu scaramantico, poiché il suo motto sa tantu del "Yes we can" di Obamiana invenzione, che tanto bene ha portato all'attuale Presidente americano.
Ma tant'è. Dopo i cieli reggini, vedremo sfrecciare il Supersindaco con tanto di mantello da supererore anche nei restanti cieli calabri, come un novello Superman?
  
E per il PD?  Dopo un tira e molla duratu un misi, durante il quale è svanita la possibilità di accordo con l'UDC di Casini (come se non ne avessimo già abbastanza), dopo i paventati capricci e le tentazioni autonome del solito Loiero, il PD ha deciso di tenere le primarie, il nuovo toccasana della democrazia partitica in Italia. Ieri il risultato: poco memo di 68.000 calabrisi (potevano essere di più se questi malitempi l'avessero permesso) hanno (ri)scelto Loiero.
Il disastrato PD, dilaniato da incomprensioni, indecisioni, imbarazzi, passi avanti e clamorose marce indietro. Per un mese ha dato vita a un tiraemolla davvero poco edificante. Alla fine, come detto, in uno slancio di new democracy alla calabrisi, quelli del PD alla fine  provano a prolungare la permanenza Loieriana in quel di Catanzaro,  evidentemente ispirati dalla recente assoluzione che ha dato nuova energia al governatore uscente. Why not?

Pippo Callipo, il re del tonno, patron dell'omonima squadra di pallavolo e rappresentante della Calabria che lavora, con il movimento "Io resto in Calabria", collegato all'Italia dei Valori.
Callipo rappresenta la vera novità di questa tornata elettorale. L'imprenditore vibonese è stato il primo a annunciare la sua candidatura e con largo anticipo rispetto a tutti gli altri. Qualche giorno fa, in vista delle elezioni, ha aperto le sue segreterie politiche in ciascuna delle cinque provincie calabre. Sulu chi, rappresentando la novità, non poteva utilizzare un termine oramai 'desueto' e legato a una concezione della politica da prima Repubblica. Cusì, le segreterie politiche Callipiane sono state battezzate "centri d'ascolto", proprio perché è intenzione dell'imprenditore e Vibu dare ascolto alle istanze provenienti dalla popolazione.
Ci riuscirà? Da uomo e imprenditore pratico e capace, Callipo potrebbe rappresentare la sorpresa di queste elezioni. La provincia di Vibo dovrebbe essere sua, in automatico. Nelle altre, a parti Rriggiu, potrebbe fare da guastatore nei confronti di Loiero.
Per somiglianza caratteriale con Bill Parcells -un noto allenatore di football americano (serio, deciso, a volte anche un po' burbero)- e per assonanza tra il suo soprannome e l'attività commerciale del candidato governatore , potremmo considerarlo come il nostro Charlie, il Big Tuna calabrese.


E parafrasando lo spot della ditta americana da cui il nomignolo deriva (StarKist was not looking for tuna with good taste but rather for tuna that tasted good), la Calabria non cerca un governatore che abbia buon gusto ma piuttosto un governatore che sia di buon gusto, che sia di gradimento della gente, cioè si comporti e agisca facendo ciò di cui i calabresi hanno realmente bisogno.
Ci auguriamo solo di trovarlo.